Le zecche sono artropodi chelicerati, appartenenti alla classe degli aracnidi (la stessa cui appartengono ragni e scorpioni.
Si presentano di colore scuro, dalle dimensioni piuttosto ridotte (alcuni millimetri), possiedono 4 paia di zampe e il loro corpo non appare diviso: in sostituzione al capo si trova il gnastoma (con l’apparato boccale) associato all’ipostoma (piccoli dentini utili all’ancoraggio dell’aracnide)
Con l’inizio della bella stagione le zecche abbandonano, lo stato di letargo invernale e si avviano alla ricerca di un ospite da parassitare;.
Sono infatti parassiti ematofagi, di mammiferi, roditori, uccelli, anfibi e rettili, e l’uomo rappresenta un ospite occasionale. La componente di rischio è data dal fatto che le zecche sono vettori di vari agenti patogeni di natura virale, batterica e protozoaria.
Grazie all’anidride carbonica emessa e al calore dell’organismo, questi acari avvertono la presenza di un eventuale ospite e vi si insediano conficcando il loro rostro (apparato boccale) nella cute e cominciando a succhiarne il sangue (il morso è generalmente indolore perché emettono una sostanza contenente principi anestetici, per cui il più delle volte passa inosservato).
Le patologie infettive, veicolate da zecche, che presentano rilevanza epidemiologica nel nostro Paese sono in particolare:
La Borreliosi è una malattia ad eziologia batterica (Borrelia Burdgorferi) che si manifesta in modo subdolo, che provoca vari disturbi alla pelle, alle articolazioni e al sistema nervoso coinvolgendo talora altri organi interni, evolve a stadi progressivi e può avere un decorso cronico: frequente e caratteristico è l’arrossamento della pelle localizzato nella zona del morso, compare a distanza di circa due settimane dalla puntura infettante (da 7 a 30 gg) e tende lentamente ad espandersi, perciò è detto eritema migrante.
La malattia inizia entro 6-10 giorni dalla puntura di zecca con la febbre (di solito > 39°C) associata a forti mal di testa e dolori diffusi, e la maggior parte dei pazienti manifesta un eritema cutaneo che colpisce la faccia, i palmi delle mani e dei piedi.
La meningoencefalite da zecche o TBE (acronimo di Thick Borne Encephalitis) è una malattia virale acuta che facilmente si può confondere con una banale influenza, in quanto provoca leggera febbre, mal di testa, dolori muscolari a 7-14 giorni dal morso. Tuttavia, se trascurata, può determinare il coinvolgimento del sistema nervoso centrale (encefalite e paralisi flaccida), talvolta con esito letale. Spesso, la malattia rende necessario il ricovero ospedaliero. Nelle zone a rischio, è disponibile un vaccino.
Disinfettare la cute prima della la rimozione della zecca con un disinfettante non colorato; dopo l’estrazione della zecca è indicata la disinfezione della zona.
Evitare di toccare a mani nude la zecca nel tentativo di rimuoverla, le mani devono essere protette (con guanti) e poi lavate; la zecca deve essere afferrata con una pinzetta a punte sottili, il più possibile vicino alla superficie della pelle, e rimossa tirando dolcemente cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione;
Spesso il rostro rimane all’interno della cute: in questo caso deve essere estratto con un ago sterile (operando come per rimuovere una scheggia);
Distruggere la zecca, possibilmente bruciandola.
Alla rimozione della zecca dovrebbe seguire un periodo di osservazione della durata di 30-40 giorni per individuare la comparsa di eventuali segni e sintomi di infezione. Se dovesse comparire un alone rossastro che tende ad allargarsi oppure febbre, mal di testa, debolezza, dolori alle articolazioni, ingrossamento dei linfonodi, è importante rivolgersi al proprio medico curante.
Tuttavia Puntura di zecca non significa automaticamente infezione o malattia
Perché la zecca possa provocare dei danni è infatti necessario che resti attaccata alla pelle almeno 36-48 ore; al di sotto di questo periodo di tempo le probabilità di infezione sono molto basse;
Specifichiamo infatti che anche quando resta attaccata a lungo, le infezioni sono comunque ancora piuttosto rare;
Tutti i lavori scientifici più autorevoli affermano e ribadiscono la controindicazione all’utilizzo della terapia antibiotica a scopo profilattico dopo una puntura di zecca anche se conseguita in una zona endemica.
Tale pratica, ancora oggi messa in atto, va pertanto abbandonata perché una eventuale infezione si renderebbe più subdola e più difficile da riconoscere e perché l’uso non appropriato degli antibiotici genera resistenze ai germi che provocano le comuni malattie infettive.
Sono preferibili indumenti chiari, che facilitano l’individuazione delle zecche indossare calzature chiuse ed alte sulla caviglia. Infilare i calzoni nelle scarpe e la camicia nei calzoni, per evitare che le zecche possano infilarsi dentro;
Evitare se possibile il contatto con la vegetazione:
Terminata l’escursione è opportuno
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